Gli asparagi che oggi conosciamo, siano essi bianchi, violetti o verdi, appartengono tutti alla stessa specie botanica, l'Asparagus officinalis L., appartenente alla famiglia delle Liliaceae, dell'ordine delle Liliiflorae, e il nostro Paese, con una produzione che si aggira attorno alle 30.000 tonnellate, si colloca al terzo posto nella produzione europea di questo nobile turione.
Tra le zone più fortemente vocate per la coltivazione degli asparagi, l'area del bassanese è da tempo riconosciuta come una delle più rinomate; e al di là di una lunga tradizione, riportata certo da storici, ma anche da diffusi detti e leggende che si fanno risalire fino al XIII secolo, la coltivazione dell'asparago nel territorio bassanese si è sviluppata soprattutto a partire dal secolo scorso e in particolare nel periodo successivo al secondo dopoguerra, in aziende contadine di piccole dimensioni, ma negli anni sempre più numerose vista la crescente richiesta di prodotto pregiato e l'alto reddito realizzabile.
Nel bassanese, i terreni leggeri, lungo il bacino del fiume Brenta, consentono la produzione di turioni bianchi, diritti, croccanti e privi di fibrosità, caratteristiche che li rendono molto pregiati e apprezzati soprattutto dal mercato locale. Tali caratteristiche qualitative però, non sono state corrisposte, soprattutto negli ultimi anni, da un conseguente e auspicato incremento della produzione, a causa principalmente della sempre più ridotta disponibilità di manodopera familiare e gli elevati costi che la coltura comporta (la raccolta non può che essere manuale).